SINDROME DELLO STRETTO TORACICO

  • Hai dolore e/o pesantezza lungo il braccio e/o la mano?
  • Alzare il braccio provoca un aumento dei tuoi sintomi più ricorrenti?
  • Ti capita ultimamente di avere le mani gonfie?

 

Se hai risposto SI almeno a due di queste domande potresti avere la Sindrome dello Stretto Toracico, o comunque una condizione patologica che ha bisogno di una visita specialistica più approfondita.

 

CHE COSA E’?

Inizialmente dobbiamo dire che segni e sintomi all’arto superiore e al collo possono essere provocati da innumerevoli cause, la sindrome dello stretto toracico rientra in una di queste e per riuscire a fare diagnosi differenziale e risolvere quindi il problema c’è bisogno di affidarsi sempre ad un personale specializzato.

Scendendo più nel dettaglio, la sindrome dello stretto toracico descrive i sintomi agli arti superiori causati da compressione del fascio neurovascolare all’uscita dallo “stretto toracico” cioè tra la 1° costa e la clavicola.

A seconda della struttura interessata, si possono distinguere 3 diverse tipologie:

  • Neurogena ( compressione del plesso brachiale )
  • Venosa ( compressione della vena succlavia )
  • Arteriosa ( compressione dell’arteria succlavia )

La sindrome dello stretto toracico di origine neurogena è assolutamente la più comune ( 95% dei casi ).

Questa quindi è una patologia caratterizzata da una compressione, che può avvenire a 3 diversi livelli:

 

  • Triangolo interscalenico: Questo giace sopra la clavicola, è delimitato anteriormente dal muscolo scaleno anteriore, posteriormente dai muscoli scaleni medi, inferiormente dalla prima costa; contiene il plesso brachiale e l’arteria succlavia.

 

  • Spazio costo-clavicolare: Si trova tra la clavicola e la prima costa, è delimitato anteriormente dal muscolo succlavio, inferiormente e posteriormente dalla prima costa e dal muscolo scaleno anteriore, superiormente dalla clavicola; contiene il plesso brachiale, l’arteria succlavia e la vena succlavia.

 

  • Spazio infra-coracoideo: Detto anche spazio del piccolo pettorale, si trova al di sotto della clavicola ed è delimitato anteriormente dal muscolo piccolo pettorale, posteriormente dalla seconda, terza e quarta costa, superiormente dal processo coracoideo; contiene il plesso brachiale, l’arteria ascellare e la vena ascellare.

 

QUALE PUO’ ESSERE LA CAUSA DELLA COMPRESSIONE:

Abbiamo ormai compreso che all’origine del problema ci sia una compressione, ma da cosa può essere dovuta questa compressione?

L’irritazione di queste strutture neuro-vascolari può essere secondaria a numerosi meccanismi, a volte ci può essere una causa anatomica/congenita ( malformazione dalla nascita ), come ad esempio:

 

Costa soprannumeraria a livello di C7 ( “costa cervicale” ): E’ molto rara, può essere presente in circa l’1-2% della popolazione totale, anche se spesso asintomatica a volte può dare dei problemi di questo genere.

  • Processo trasverso di C7 di eccessive dimensioni

 

  • Callo osseo sporgente: Può essere secondario a fratture di clavicola o della prima costa.

 

Altre possibili cause di origine secondaria, possono essere:

 

  • Movimenti ripetitivi: Questi possono portare ad una ipertrofia muscolare, dovuta ad un “overuse” delle strutture limitrofe alla zona dello stretto toracico, che contribuisce alla compressione del fascio neurovascolare.

 

  • Trauma: incidenti e soprattutto lesioni in seguito a colpo di frusta o traumi di altro genere, possono essere responsabili dei sintomi tipici riconducibili alla sindrome dello stretto toracico.

 

  • Tumori: un corpo estraneo che trasforma la zona che va ad occupare, comprimendola (ad es. tumori del polmone e osteocondromi) fino a raggiungere il plesso brachiale.

 

  • Postura e squilibri muscolari: Problemi di origine posturale e conseguenti squilibri muscolari, che tendono a restringere gli sbocchi toracici (ad es. postura anteriorizzata del capo, muscoli pettorali e scaleni “tesi” e “accorciati”, debolezza dei flessori profondi del collo) e possono contribuire alla compressione del plesso brachiale.

 

 

 

SINTOMI:

I sintomi più comuni che un paziente può riscontrare sono prevalentemente all’arto superiore, devono essere presenti da almeno 12 settimane, si estendono oltre la distribuzione di una singola radice nervosa cervicale o nervo periferico.

Caratteristici sono anche il dolore al collo, alla parte superiore della schiena, alla spalla, al braccio e/o alla mano.

Sono presenti intorpidimento, parestesia e/o debolezza al braccio, alla mano o alle dita che si irradiano dagli spazi sopra e sotto clavicolari.

Questi sono esacerbati da posizioni delle braccia elevate o dall’uso prolungato o ripetitivo del braccio/della mano, ad esempio su una tastiera.

Il paziente può anche riferire un peggioramento dei sintomi nelle ore notturne (come solitamente accade in caso di intrappolamento nervoso periferico, ad esempio per la sindrome del tunnel carpale).

DIAGNOSI:

La diagnosi per questo tipo di condizione muscolo-scheletrica prevede un’attenta anamnesi clinica e un’accurata valutazione funzionale delle strutture di collo, spalla e braccio.

Tale processo deve essere condotto quindi da una figura sanitaria specializzata, in grado di saper fare diagnosi differenziale con le altre patologie che hanno sintomi simili, aiutato anche dalla conoscenza di test “speciali” scientificamente riconosciuti, come:

  • Test di Adson
  • Test costoclavicolare
  • Test di iperabduzione (o Test di Wright)
  • Elevated Arm Stress Test (EAST o Test di Roos)
  • Test di pressione sopraclavicolare
  • Upper Limb Tension Test (ULTT)
  • Test di Allen
  • Cyriax Release Test
  • Cervical Rotation Lateral Flexion Test (CRLFT)

 

Gli esami strumentali in questi specifico caso hanno bassi valori di sensibilità e specificità.

Secondo la società di chirurgia vascolare, l’unico esame raccomandato è la radiografia del torace e/o del rachide cervicale, focalizzata su C7-T2, con l’obiettivo di identificare eventuali anomalie ossee (ad es. costa cervicale, processo trasverso di C7 allungato, prima costa anomala) o altre condizioni gravi (ad es. fratture, tumori).

Ci sono altri esami come l’EMG o l’angio TC/RM che potrebbero fornire ulteriori informazioni, ma vengono prescritte per questa specifica condizione più di rado.

 

 

 

 

 

CONCLUSIONI:

 

In conclusione, dopo aver parlato accuratamente di questa condizione muscolo-scheletrica posso dirti che si guarisce al 100%.

L’approccio riabilitativo sarà di tipo multidisciplinare. Molto importante sarà l’educazione del paziente, fondamentale in questo tipo di problematiche.

Molto spesso il paziente si presenta alla nostra osservazione impaurito, sono sintomi nuovi oppure aumentati in maniera esponenziale.

Sensazioni come debolezza, perdita di sensibilità e dolore persistente possono allarmare e si può catastrofizzare la condizione in cui ci si trova.

Sarà importante per il paziente comprendere l’origine e la causa del problema e sapere che questa condizione è risolvibile al 100%.

Educare il paziente vorrà dire anche spiegare come modificare delle attività di vita quotidiana che in questo momento lo stanno portando verso il dolore, come ad esempio posture inadeguate prolungate nel tempo, ecc..

Questo sarà già l’inizio del trattamento, dare importanza anche alla sfera emotiva/psicologica del paziente e modificare il suo stile di vita; naturalmente il percorso riabilitativo continuerà con la parte pratica, utilizzando delle tecniche di terapia manuale ed esercizio terapeutico, fondamentale per ottenere un miglioramento nel lungo termine e per prevenire ulteriori ricadute.